sabato 24 novembre 2012

Maddalena incinta nella schiena - (carte estratte: 9 2 16 - tiraggio di Mara A.)



Lo strano caso di Maddalena, fu forse uno degli eventi più significativi che colse il paese di Monabella, senza però che alcuno mai se ne rendesse conto.
Esistono a volte storie così ben celate, che si trovano a toglier ricchezza dove invece potrebbero darne.
Maddalena rimase incinta ma nella schiena, dopo aver conosciuto il giovane Rolando. Lui come seconda cosa che fece, l'abbandonò, immaginando che quell'insana gravidanza lo avrebbe messo in cattiva luce.
Seppur preferendo una classica posizione "missionaria", Rolando si allontanò da lei al solo pensiero che a Monabella, si potesse dire che quel figlio fosse storto come il diavolo, l'unico che a dir di tutti, poteva fregiarsi di poggiare il proprio bastone da tergo e forse metter incinta dove non si doveva.
Quale meraviglia fu la prima volta invece, che Maddalena si trovò un bozzo nella schiena. Nonostante tutto già l'amava, quel piccolo pomo proibito alla base della colonna vertebrale.
Madre.
Finalmente anche lei avrebbe potuto fregiarsi di quella carica e non le importava di certo se quel figliuolo dalla schiena le sarebbe venuto fuori.
Mentre che la pancia… oh perbacco! volevo dire… la schiena le cresceva, nei nove mesi dovette trovare modi inconsueti per viver in quella condizione. Una gravidanza è pur sempre una gravidanza, fatta di nausee, voglie e dolori alla schiena.
Lei pero' li aveva sulla pancia, perché invece di far forza sui lombari, per controbilanciare il pancione, eran gli addominali ad esser tesi per tenersi eretta. Per il resto tutto straordinariamente uguale e insensato.
E la domenica alla messa, quanto ridere!
Non poteva di sicuro sedersi sulla panca, rischiando di schiacciar quel pomo che ormai s'era fatto cocomero, così le era venuto in mente che poteva esser più interessante stare inginocchiata davanti al santo, piuttosto che all'altare: tutti la consideravano la più devota.
Cosa in parte vera, se la devozione si pesasse in amore verso una nuova vita.
Nove mesi così, tenendo nascosto quel frutto, senza preoccuparsi di far capire agli altri che ciò che è differente, non è altro che la massima espressione della natura creativa.
Nacque così la creaturina, bella e sana come nessun altra.
Fu allora che la gente cominciò a raccontare quella storia, poiché è ciò che viene messo alla luce del sole ad attirare l'occhio nelle zone d'ombra.
E da "madre" Maddalena divenne "donna abbandonata poverina".
La voce in città fu che quel figlio era nato dentro un mistero.
Ed era vera, ma non in quel senso. Chi mai lo avrebbe capito.
La straordinaria storia della gravidanza di Maddalena non divenne mai una storia, si fermò ad esser solo "chiacchiera di paese", che si spense pure troppo presto.

giovedì 1 novembre 2012

Horror vacui - (carte estratte: 15 0 14 - tiraggio di Andrea S.)



- Tra un mese esatto, lei perderà la memoria. E' una malattia rara, colpisce una percentuale minima della popolazione, ma ci si può convivere benissimo.

Non era un pensiero rassicurante.

- Alcuni tengono un diario e probabilmente sarà la prima cosa che le verrà in mente di fare prima di cadere nel vuoto. Le consiglio di evitarlo: chi soffre di un disturbo come il suo, tende a legarsi a ricordi che non gli appartengono più. Sò che è difficile accettarlo, ma la consideri una seconda opportunità per ricominciare da capo.

Il dottor Schumann, mi congedò con un abbraccio sincero per la prima volta.
Quel gesto non lo faceva da psichiatra, tanto che prima di stringermi si tolse gli occhiali.
Poi mi scostò tenendomi per le spalle e guardandomi da sotto le folte sopracciglia disse:
- La prossima volta che ci incontreremo, lei non si ricorderà di me, ed è un bene, poiché non avrà più bisogno di nessuna seduta psichiatrica. La sua malattia è l'unica cura che funzioni davvero.

Quel giorno stesso cominciai a scrivere un diario.

Horror vacui

Clara ripose le camicie nella cassettiera. Tendeva a piegarle sempre nello stesso modo, così che non vi rimanesse quell'antipatica piega centrale: bastava chiuderle a libro, non come avevano sempre fatto le altre governanti.
Le altre.
Nessuna fino a lei, era mai riuscita a resistere così tanto a casa Maier, perché il "signore" aveva una strana malattia o forse era meglio dire "aveva avuto". Ora stava bene, ma proprio quella da tre anni era la sua più grande infermità.
Gustaf Maier aveva perso la memoria e da quel momento aveva fatto di tutto per recuperarla, non aveva mai accettato che un certo morbo si fosse preso il diritto di svelargli chi fosse veramente.
L'unica cosa che ricordava della sua vita precedente era che in pochi minuti tutto il suo ego era stato spazzato via; poi subito dopo, un altro Gustaf Maier lo aveva fissato incredulo dallo specchio.
Da quel giorno cominciò a tenere un diario, sul quale annotava ossessivamente, tutte le azioni ed i pensieri che compiva nella giornata.
Quello era il motivo per cui tutte erano andate via.
Nessuno era rimasto con Gustaf, forse nessuno c'era mai stato, poiché in quella casa tre anni prima, davanti allo specchio ci si era ritrovato da solo.
La sua tenuta era in campagna e seppur chiunque giù in paese era riuscito a dargli un qualche riflesso della sua vita precedente, nessuno di quei racconti per sentito dire, erano bastati a ricostruirne l'intera memoria.
Erano solo riflessi.
"Un solitario" lo avevano definito, ricco non si sa bene il perché (tanto da destare nei più, sospetti ed invidie), neanche il dottore lo aveva mai visitato.
A lui questo non bastava.

A Clara invece non sembrava affatto così, in un certo senso lo considerava un filantropo: in quel diario c'era anche lei, tutte le sue mansioni, le parole, le azioni.
Al diario del signor Maier era ormai affidata anche la memoria di Clara.

Poi un giorno, la governante trovò un altro diario.

Accadde un po' per caso che la memoria tornò a galla all'improvviso, rimettendo in ordine dei vecchi libri nello scantinato.
In quelle pagine c'era ogni cosa successa fino al momento in cui arrivò per Gustaf il vuoto.
La sua prima reazione istintiva fu quella di correre dal signor Maier con la scoperta in mano, ma subito dopo Clara si sentì gelosa della "sua" memoria.
Quel secondo diario avrebbe potuto spazzare via in un istante, quello che lei ora aveva di più caro: il Gustaf che conosceva.
Portò sotto la gonna il diario fino nella sua stanza e si premurò di chiuderlo a doppia mandata nel baule, andando ogni sera a scoprire qualcosa di nuovo sull'altro Gustaf.

La vita di Gustaf Maier, fino al momento in cui non venne spazzata via, era una vita felice.
Un uomo dalle tante aspirazioni, un poeta appassionato della vita, che aveva senza alcun dubbio saputo amare.
Decisamente molto lontano dai racconti dei compaesani che lo avevano conosciuto poco, ma estremamente più vicino a quello che Clara aveva sempre desiderato.
Il signor Maier la rendeva felice con il suo diario, le dava tutta l'attenzione che pensava di meritarsi: lei per lui era davvero importante, così tanto che ogni azione veniva registrata su quello.
Certo, tutto quell'interesse nei confronti di Clara era veicolato dall'urgenza di non scomparire una seconda volta, ma per lei era una passione autentica, un legame così forte alla vita, da andare al di là di ogni giustificazione razionale.
Invece al contrario Gustaf Maier aveva amato davvero, ma un'altra donna, di cui non aveva mai scritto il nome.
Sull'altro diario la chiamava semplicemente "la mia sposa".
Clara cominciò così a riscrivere il secondo diario, per aggiustare il Signor Maier.

A Gustaf, Clara era piaciuta subito.
Di governanti ne aveva avuto tante negli ultimi tre anni, ma tutte lo avevano guardato come un pazzo.
In realtà lui non si sentiva un folle, pensava solo di essere guarito nel modo sbagliato, o per lo meno in un modo che non avrebbe voluto.
Forse pensandoci meglio, Clara gli ricordava qualcuno: se tutte le altre proprio non lo avevano soddisfatto, doveva essere perché nella sua vita precedente non c'era mai stato spazio per persone come quelle.
Invece quella giovane governante era perfetta.
Non faceva troppe domande, teneva tutto in ordine e piegava le camicie in un modo tutto suo.
Lui non le avrebbe mai piegate così e questa cosa lo sorprendeva.
Se mai avesse avuto, per abitudine, qualche dubbio nel tenere Clara a servizio, gli fu chiaro che fosse la persona giusta, il giorno in cui lei sorrise nel vedere il proprio nome sulle pagine del suo diario.
Per Gustaf quel diario era più di un semplice libro di memorie: era la memoria stessa, quella vera perché dell'altra aveva imparato a diffidare.
Gli sarebbe piaciuto poterne dire il perché, ma non se lo ricordava.
Da quando Clara era entrata nella sua vita, molte cose erano migliorate, tanto che quel diario, sempre di più stava diventando il diario di Clara invece del suo.
Che cosa bizzarra è la memoria, pensiamo che sia affar solo nostro ma a pensarci meglio è l'insieme delle azioni degli altri.

Di giorno Gustaf scriveva di sé e di Clara, mentre di notte rileggeva.
Era piacevole e rassicurante poter ritrovare ciò che era successo ieri o qualche mese prima.
Poi gli venne in mente che se avesse voluto ricordare ogni cosa, avrebbe dovuto scrivere che in quel momento contemporaneamente stava rileggendo, che adesso era ieri, venendo inghiottito così in un assurdo incastro di matrioske che lo fissavano.
Gli sembrò sciocco e in quel momento di debolezza, sorprese se stesso a pensare a cosa avesse Clara sotto la gonna.
Ne immaginò le cosce e in mezzo a quelle un diario segreto che una volta tanto avrebbe voluto leggere e non scrivere.
Stava guarendo, e questa volta come voleva lui.
Quella notte fecero l'amore per la prima volta.

Da quel momento lui non scrisse più alcun diario e cominciò a chiamarla "la mia sposa".

Tre mesi dopo quella notte, Gustaf Maier rimettendo in ordine tra i vecchi libri in cantina, trovò un altro diario, che risaliva al quando aveva ancora la sua prima memoria.

- Tra un mese esatto, lei perderà la memoria. E' una malattia rara, colpisce una percentuale minima della popolazione, ma ci si può convivere benissimo.

Cominciò a leggere.

Tra tutti i ricordi che vorrei rimanessero con me, questa frase è l'unica che vorrei dimenticare.
Il dottor Schumann ha cercato di curarmi per anni: mi disgusta la depressione.
Non è mai riuscito a guarirmi, ma dice che sarà un morbo a curare definitivamente la mia tristezza.
Ha detto che dopo il vuoto potrò ricominciare a vivere, scegliendo chi vorrò veramente essere.
Io lo so già chi sono ed è per questo che spero di potermelo un giorno raccontare, allora sarò davvero felice.
Sono un uomo solo, che vive lontano dal paese, in una tenuta mia da sempre, non ho mai amato davvero perché non lo volevo fare.
Perché dover portare anche lei nel vuoto?
Non voglio che "la mia sposa" soffra vedendomi triste e poi allegro e poi ancora triste.
Dopo che il dottor Schumann mi ha detto di non scrivere un diario, per rabbia gli ho portato via il suo o quello di un altro, non lo so.
E' stato dopo aver letto quello, che ho deciso di scrivere il mio.
Prima dello scadere del mese, quando vedrò ormai il vuoto nel cortile che si starà avvicinando, li metterò entrambi in cantina, tra i vecchi libri che non rileggo più.
Dopo essere sparito, scriverò un altro diario.

Clara in vestaglia in cima alle scale che portavano alla cantina, lo richiamò alla realtà.
- Gustaf cos'hai che ti preoccupa tanto?
Lui la guardò, chiuse il diario e cominciò a risalire le scale. Si incontrarono a metà strada.
- Qui ci sono io, o per lo meno credo di esserci, non voglio saperlo.
Le passò il diario.
- Adesso che ho te, so chi è Gustaf Maier e questa memoria non sono sicuro sia la mia. Il diario parla di un altro diario, ci sono troppi Gustaf Maier in questa cantina.
Poi Gustaf la superò per tornare in superficie.

Due diari, uno vero ed uno falso: quale dei due Clara aveva falsificato?
Doveva saperlo!
Quale dei due aveva sposato?

La sposa tornò nella stanza da letto, prese anche l'altro diario, quello che aveva riscritto, e il terzo che Gustaf non aveva più voluto continuare.
Si tolse la vestaglia e mise un vestito. Lo studio del dottor Schumann distava tre ore di treno.

L'appartamento in cui il medico esercitava, era all'incrocio tra due strade, in pieno centro.
Clara camminava svelta sul marciapiede, questa volta i diari non erano nascosti sotto alla gonna, ma li teneva stretti incrociando le braccia; se un qualche rapinatore in un vicolo buio le avesse sparato, sarebbero stati quelli a salvarla, invece di una più classica bibbia.
Salì in fretta le scale, passò la nuova segretaria ed entrò nella stanza dove Schumann riceveva i pazienti.
Di vederla entrare all'improvviso non ne fu contenta la signora in abito giallo distesa sul lettino.
Clara scaricò i libri sulla scrivania del dottore.
- Qual'è quello autentico?
Lui la guardò senza capire come mai lei fosse lì.
- Clara?
La donna in giallo strinse la borsetta e si fece rigida, il dottore la guardò, poi si alzò ed alzò l'indice verso la donna dicendole:
- Signora Palmer, se ci vuole scusare...
Strinse la mano attorno al braccio di Clara e spostandola di peso la portò fuori, chiuse la porta.
- Sei forse impazzita? Piombi qui dopo tutti questi anni, mi aggredisci e spaventi i miei pazienti.
- Qual'è quello autentico?
- Ma di che diavolo stai parlando?
- Il diario di Gustaf Maier! Mio marito! Qual'è il diario autentico?
Schumann (mentre la segretaria li guardava senza sapere bene cosa stesse succedendo) continuava a non capire, ma si ricordò di Gustaf Maier.
Era stato suo paziente tre anni prima, quando Clara era ancora la sua segretaria, poi Maier contrasse quello strano morbo che dava un mese di tempo prima di cancellare completamente la memoria.
- Clara… Gustaf è tuo marito? Vi siete conosciuti qui in studio.
Ora era Clara a non ricordare, di pazzi ne aveva visti tanti passare in quel posto - tutti uguali - era per quello che aveva voluto cambiare mestiere.
- Oh bella questa! Te ne vai via senza preavviso, perché non ne puoi più dei folli, e ti fai assumere a tempo pieno da uno di loro.
- Forse Gustaf era pazzo! Ma il morbo l'ha guarito. A lui interessava solo salvarsi scrivendo di noi.
Schumann sembrava divertito da quella storia, poi gli tornò in mente.
- Il diario che pensavo di avere perso! Ma certo! Ecco a cosa ti stai riferendo… si mi ricordo bene… allora ce lo aveva Maier!
Lo psichiatra scoppiò a ridere.
Aprì la porta dello stanza e Clara rimase indietro, mentre Schumann continuava a ridere si accostò alla libreria.
La donna sul lettino era ancora nella stessa posa in cui l'avevano lasciata, si limitava a seguire quella scena ruotando solo gli occhi.
Poi la sposa entrò, vedendo che lo psichiatra stava tirando giù dalla libreria troppi diari, andandoli ad ammucchiare sopra a quei tre che Clara aveva scaricato lì poco prima.
- Eccoli! Sono tutti autentici! Tutti scritti dalla stessa persona! Il tuo Gustaf deve aver preso quello che non riuscivo più a trovare.
Clara non riusciva a distogliere lo sguardo da tutti quei diari, che ormai avevano completamente fagocitato i tre che aveva portato lei.
- Sei venuta qui per scoprire chi è veramente Gustaf Maier? beh! mi dispiace ma non posso esserti d'aiuto nel senso che intendi tu. Ma una cosa è certa: posso dirti chi è Vincent, andando per esclusione troverai Gustaf.
A Clara per un attimo tornò in mente Vincent e nonostante si sforzasse di ricordare tra tutti i pazienti chi fosse stato Gustaf, non ci riusciva.
Anche Vincent contrasse il morbo, ma la sua malattia divenne cronica ed ogni mese si ripeteva.
Quell'uomo non faceva in tempo a finire un diario, che tutto ricominciava da capo, ne scrisse tanti e tutti differenti, tutti contraddittori.
Lui e Gustaf non si incrociarono mai, perchè quando contrasse il morbo, Vincent era già ammalato da anni ed internato in manicomio per esser guarito troppe volte.
- Non posso dirti nulla di Maier, veniva per curare la sua depressione, chissà quante mezze verità mi avrà raccontato su quel lettino.
La donna in giallo annuì.
Clara senza dire una parola, cominciò a cercare tra tutti i diari quello in cui si parlava di lei.
Poi quando lo trovò se ne andò via.
A dire il vero non ricordava più quale dei diari aveva modificato, se quello trovato la prima volta in cantina o quello che la sera Gustaf rileggeva.
Non se lo ricordava più.
Salì sul treno e tre ore dopo era di nuovo a casa.
Tre mesi dopo il dottor Schumann andò a trovare gli sposi, ma Gustaf Maier non riconobbe lo psichiatra.